Luis de Góngora y Argote ritratto da
Diego Velázquez.
La
ricerca delle perfezione formale unita ad un'illimitata capacità
d'invenzione portarono Luis de Góngora a costruire un
linguaggio espressivo sommamente raffinato. Ovvio che piacesse a Ezra
Pound. Altrettanto ovvio che anche verso di lui si deve guardare per
cercare le origini dell'estetica moderna.
Bach e
Gongora
Gongorismo
è quasi un'offesa. Si dice di un'arte che, come le poesie di Gongora, sia
formalmente perfetta, ricca d'ardite metafore, scintillante di invenzioni
linguistiche, ma proprio per questo difficile e, soprattutto, povera di slanci
sentimentali ed ideali. Si dicono suppergiù le stesse cose della musica di Bach
anche se, fortunatamente, nessuno ha coniato il termine bachismo. Inutile dire
che trovo simili ragionamenti assurdi: figli della barbarie di epoche in cui si
è preteso che l'arte dovesse avere uno scopo e, soprattutto, che gli artisti
professassero una fede diversa da quella nella propria arte.
Montale ci spiega Gongora
Eugenio
Montale, nel 1966, mentre tutta la cultura italiana si precipitava a
professare il proprio impegno, in Auto da fé ebbe il coraggio
di scrivere che che fare poesia è, in sé, “un'ontologia in cui
la vita intellettuale e la vita morale coincidono indissolubilmente”.
Una riga in cui c'è tutto quel che ci serve per comprendere la
poetica di Gongora; che ci dà ragione dei versi levigati in sommo
grado, dove però non trova spazio il facile sentimentalismo né si
proclamano ideali, di un poeta che già nei primi anni del Seicento
avrebbe potuto scrivere “Non chiedeteci la parola”.
la questione bachismo mi invita a tuffarmi a mani giunte. Credo che in fondo gli slanci sentimentali ed ideali di Bach si possano concepire solo nella misura in cui si ammetta che lui sia un instancabile spiritualista ed utilizzi il segno musicale come dipinto delle sue metafore fatte di sensazioni, avete presente l'attacco della Passione secondo San Giovanni o dell'Oratorio di Natale?
La delicatezza del suo dire ci riporta all'uomo nel suo essere spirito, o perlomeno quello che intende lui ma, ragionevolmente, ci spinge oltre verso una riconsiderazione del nostro vivere.
E' la "saudade" che da noi si chiama "destrani", è la delicatezza di un rullo di tamburi o della dissonanza di due oboe che corrono in un inseguimento senza fine verso una meta che non conoscono.
E' molto bello questo scritto e mi ci trovo profondamente. Poi nella digressione su Montale trovo il senso dello scrivere: una lettura delle proprie idee messa su carta in bianco e nero che sprizza luce da tutte le parti.
molto interessante...
RispondiEliminala questione bachismo mi invita a tuffarmi a mani giunte.
RispondiEliminaCredo che in fondo gli slanci sentimentali ed ideali di Bach si possano concepire solo nella misura in cui si ammetta che lui sia un instancabile spiritualista ed utilizzi il segno musicale come dipinto delle sue metafore fatte di sensazioni, avete presente l'attacco della Passione secondo San Giovanni o dell'Oratorio di Natale?
La delicatezza del suo dire ci riporta all'uomo nel suo essere spirito, o perlomeno quello che intende lui ma, ragionevolmente, ci spinge oltre verso una riconsiderazione del nostro vivere.
E' la "saudade" che da noi si chiama "destrani", è la delicatezza di un rullo di tamburi o della dissonanza di due oboe che corrono in un inseguimento senza fine verso una meta che non conoscono.
E' molto bello questo scritto e mi ci trovo profondamente.
Poi nella digressione su Montale trovo il senso dello scrivere: una lettura delle proprie idee messa su carta in bianco e nero che sprizza luce da tutte le parti.
Grazie Giuliano. Il nostro amico Giovanni Sebastiano torna spesso nelle mie riflessioni.
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