martedì 27 gennaio 2015

IL SERGENTE E IL DEPORTATO

Levi, Rigoni Stern e le nostre migliori lettere.

 
DiSchüler, Senza titolo. Tecnica mista su carta.


La memorialistica dei reduci della seconda guerra mondiale, intendendo questo concetto nel senso più ampio, è tra il meglio che la nostra letteratura abbia prodotto nel secolo appena scorso.


Si tratta di opere scritte da persone tutt’altro che semplici e spesso dalla grande cultura, con buona pace di chi, per solito senza averle lette, vorrebbe liquidarle come testimonianze naïve, aventi un valore più che altro etnografico o al massimo storico e certo non letterario. Sono invece letteratura della più alta e vera proprio perché, nate dal bisogno morale di rendere testimonianza, pongono in secondo piano vezzi e pretese; perché sono state scritte, prima d’ogni altra cosa, per raccontare.
Non solo. Nel caso di Levi e del mio amato Rigoni Stern (e chissà che altro ci avrebbero dato Fenoglio e Pavese se fossero rimasti più a lungo tra noi) le opere scritte nell’immediatezza del disastro, con il corpo e lo spirito ancora segnati dal gelo di Russia o dalla brutalità del campo di concentramento, non dicevano tutto, ma lo dicevano già al meglio. Sono state, se pure potevano avere dei difetti, le solide fondamenta di edifici letterari formidabili.
Levi è ormai patrimonio dell’umanità, seppure resti sottovalutato, e sconosciuto fuori d’Italia, quanto ha scritto che non riguardi l’universo concentrazionario.
Del valore assoluto di Rigoni Stern, invece, pare che ce ne siamo accorti ancora in pochi, nonostante basti leggere uno qualunque dei suoi libricini ambientati sull’Altipiano, e tra i suoi boschi, dimenticando quel che pensiamo di sapere sull’autore del Sergente, per accorgersi di avere a che fare con qualcuno di tanto genuino e raffinato, diretto e profondo, quanto il Céchov delle Lettere dalla Siberia.
Di più ancora; di avere tra le mani le opere di un profeta della memoria; piccole e dure pietre da utilizzare per ricostruire nei prossimi anni che, temo, saranno difficili quanto il suo Anno della vittoria.


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