“G
|
obba a ponente, luna crescente; gobba a levante, luna
calante”. Non ricordo chi mi abbia insegnato questa filastrocca; forse le suore
nell’unico anno (tragico perché non sopportavo l’obbligatorio riposino
postprandiale; prima imposizione del sistema che mi trovassi ad affrontare) in
cui fui spedito all’asilo.
Stavamo rientrando in un porto della costa
barcellonese ed eravamo soli, io e lui, nel pozzetto. Il mare era calmo,
avevamo il vento proprio in poppa (al giardinetto, come dicono i marinai) e
filavamo veloci con le vele a farfalla. Timonava lui. Della luna ho iniziato a
parlare io, vedendone lo spicchio che era sorto sul mare, e devo aver detto dei
problemi che ho sempre avuto a capire se stesse crescendo o calando.
“Semplicissimo” mi ha spiegato ul Kim, tra un
leggerissimo colpo di timone e l’altro, “quando la vedi a forma di C, ti dice cresco; quando la vedi a forma di D,
decresco”.
Lo spicchio aveva la forma di una D. “Allora” ho
voluto subito dimostrare d’aver capito “adesso cala”.
“No, cresce”, mi ha corretto lui: “Devi tener presente
che la luna è donna e che le donne fanno sempre il contrario di quel che
dicono”.
Conclusa quella battuta preparata con tanta cura, sul
suo viso lungo, magro e abbronzatissimo, un sorriso di complicità virile si è
acceso luminoso. Tanto splendente che ho preferito tacergli che la luna in
tedesco è der Mond; grammaticalmente, un affidabile maschile.
Nessun commento:
Posta un commento