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vrà avuto otto o nove anni, la
mia musa. Stavo aspettando che arrivasse la mia pizza e lei era lì, che
gironzolava per il locale, con l’aria annoiata; la osservai per qualche
istante, chiedendomi se fosse la figlia del titolare o di una cameriera, quindi
tornai al libro che mi ero portato dietro. Fu lei a rivolgermi la parola (da
giovane ero timidissimo con le donne, non importa di che età) per chiedermi cosa stessi leggendo. Non
ricordo che libro fosse, ma state sicuri che non si sarà trattato di Ken Follet
o di qualcuno della sua risma. No, non perché non li leggessi; solo che non mi
sarei mai fatto vedere in giro con qualcosa di tanto plebeo: ero troppo
ignorante per non voler cercare a tutti i costi di sembrare colto.
Quale che sia stata la mia
risposta, ad ogni modo, subito dopo averla data, le chiesi: “E a te piace leggere?”.
“Sì”, mi rispose con uno di quei
faccini tutti seri che riescono solo ai bambini, “ma preferisco scrivere. Non
mi va di restarmene solo a guardare”.
Il giorno dopo andai a comprare
la mia prima macchina da scrivere.
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